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La simbiosi fra i coralli e le zooxantellae: cos’è e come funziona

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Il corallo, appartiene  alla classe degli Antozoi, phylum degli cnidari, è un animale costituto da “polipi”, cioè organismi animali eterotrofi e da organismi simbionti “Zooxantellae”, alghe, vegetali.

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Le Zooxantellae, o Zoox o più precisamente e scientificamente Symbiodinium, o come si trova spesso scritto in italiano zooxantelle, sono organismi dinoflagellati endosimbionti che hanno una relazione mutualistica, e possono vivere solo in questo modo, con i polipi dei coralli e quindi per estensione coi coralli stessi.

Il nome  “antozoi” deriva da  ánthos zôion = fiore + animale.

Può essere un animale simbionte (ermatipico), caso delle sclerattinie ect., ovvero anermatipico, cioè sprovvisto di simbionti.

La simbiosi, in generale è un “matrimonio”  fra due o  più organismi differenti, che interagiscono a livello metabolico.

La simbiosi corallina (ovviamente degli antozoi ermatipici) è di tipo mutualistica. In una simbiosi mutualistica ogni organismo  partecipa attivamente e positivamente alla sopravvivenza reciproca, quindi questa situazione risulta vantaggiosa per tutti i soggetti in essere. Altri tipi di simbiosi sono quelle  di parassitismo, nelle quali il vantaggio metabolico è solo per alcuni degli organismi simbiontici.

Il corallo ermatipico quindi è simbionte mutualistico, in particolare è l’ospite delle simbionti Zooxantellae, è un  animale coloniale, in cui i polipi, collaborano fra di loro per fornire quanto è necessario per lo sviluppo dell’intera colonia.

Il singolo polipo è cosi costituito :       polipo acropora nobilis macro

Fig.1  Sclerattinia (Acropora nobilis), “macro” dei polipi del corallo, le alghe Zooxantellae sono le parti colorate sullo scheletro e sul polipo stesso.

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Esso, può attaccarsi al substrato mediante un muco che i coralli secernono delle cellule ghiandolari che si trovano sul disco pedale, ossia la parte basale del polipo.

Il  disco pedale, oltre a permettere al polipo di ancorarsi al substrato,  può permettere anche piccoli spostamenti, sono quindi animali sessili.

Gli Antozoi si dividono in sottoclassi, questa suddivisione dipende dal numero di “setti” che dividono la cavità gastrovascolare.

Avremo quindi i tetracoralli (4 setti), organismi ormai estinti, gli esacoralli e gli otto coralli.

Fra gli “ottocoralli“ annoveriamo le gorgonie, gli alcionari

1380350_10202605041355531_539734191_nFig.2  Colonia di xenia pumping, Alcionario, del Mar Rosso.

Fra gli “Esacoralli” annoveriamo le comuni madrepore e attinie.

1376371_10202605058195952_1770173831_nFig.3 Insieme di madrepore, Mar Rosso.

Clipboard06Fig. 4 Particolari di polipi di madrepora. (acquario)

1012725_10202652725147596_1350132416_nFig. 5 Polipi estroflessi in fase di predazione di madrepora.

26221_1421029454046_1905634_nFig.6 Attinia. Entacmaea quadricolor (acquario)

Le Zooxantellaesono alghe e come tali, vegetali, necessitano di energia luminosa per svolgere la fotosintesi clorofilliana, possiamo quindi affermare che i coralli ermatipici necessitano di luce per vivere.

Le alghe Zooxantellae, ottengono dal polipo sostanze nutritizie (fosfati, nitrati, anidride carbonica), mentre quest’ultimo può ottenere ossigeno e prodotti metabolici dalla fotosintesi dell’alga

Le Zooxantellae, deposte sullo scheletro calcareo del corallo, danno le diverse colorazioni grazie ad una elevata concentrazione di pigmenti:

  • Clorofilla;
  • carotenoidi stimolati maggiormente da spettri di luce blu e verde;
  •  xantofille peridininadinoxantina e diadinoxantina

La miscela clorofilla e peridinina sembra sia la responsabile del colore “marroncino” di queste alghe unicellulari, assumono principalmente luce di lunghezza d’onda blu o blu-verde (400/550 nm).

In condizione di debole illuminazione aumenta il contenuto dei pigmenti fotosintetici nel tessuto del corallo (OSWALD, 2007), rendendo quindi più “marroncine” le colonie, qunidi viste le caratteristiche chimiche della clorofilla e della peridinina, La “miscela” di questi pigmenti dona al corallo, a seconda se è più o meno esposto alla luce solare, una diversa colorazione.

Le Zooxantellae producono ossigeno in accordo con la fotosintesi clorofilliana

6 CO2 + 6 H2O+ Luce → C6H12O6 + 6 O2 

Lo stesso ossigeno, può diventare tossico per il polipo, e, poiché l’animale potrebbe rischiare la morte, le stesse zooxantelle possono venire in parte allontanate, e rilasciate nell’ambiente circostante.

polyp_with_zooxanthellaeFig. 7. Zooxantellae simbionti del  polipo

2lbypfaFig. 8

Come si evince dalla Fig 7, le Zooxantellae trovano alloggio, non solo sullo scheletro corallino, ma anche all’interno del polipo stesso.

Da quanto detto risulta quindi che la simbiosi mutualistica fra polipo e Zooxantellae sia molto proficua, il polipo infatti, non solo usa l’ossigeno delle Zooxantellae per i propri processi metabolici, ma le “sfrutta” per eliminare sostanze per lui tossiche derivate dal suo metabolismo.

I coralli anermatipici, invece, non necessitano di luce per sopravvivere, poiché non hanno come simbionti le alghe Zooxantellae.

Risulta quindi che i coralli ermatipici (la maggiore parte di quelli che alleviamo nelle nostre vasche) hanno bisogno di luce affinchè le alghe zooxantelle sopravvivano e forniscano al polipo, ossigeno,  glicerolo, glucosio, alanina (amino acido), alcuni acidi organici e altre sostanze preziose, viceversa il polipo fornisce alle alghe CO2, NO3, PO4 e metaboliti utili alla loro sopravvivenza.

La predazione del polipo si rende necessaria poiché l’alga con il suo metabolismo autotrofo non riesce a sopperire al fabbisogno del polipo.

E’ affascinante studiare il meccanismo di “caccia” del polipo, il quale, attivamente e sotto controllo del suo sistema nervoso, a rete, oltre che meccanicamente, se stimolato dal contatto con una preda, attiva un ingegnoso sistema di predazione.

Come si può notare nella sottostante Fig. 9, il tentacolo è costituito da cellule elaborate chiamate “cnidociti” o “nematocisti”, incapsulate in un “cappuccio” membranoso.

Queste cellule contengono un filamento avvolto a spirale che è un vero e proprio arpione, alloggiato nella capsula a cappuccio, ripiena di veleno e tossine in soluzione acquosa, sotto pressione.

Lo stimolo predatorio nasce dal contatto meccanico con la preda e anche da segnali chimici che attivano il sistema nervoso. Appena recepito lo stimolo, il cnidociglio, rompe la capsula che contiene il filamento, essendo la soluzione velenosa sotto pressione, “l’arpione” viene scagliato contro la preda, che avvelenata, soccombe.

cnidociteFig. 9

Siti di riferimento e da cui sono state prese alcune fotografie presenti in questo articolo

http://www.luciopesce.net/zoologia/anto.html

http://lorologiaiomiope-national-geographic.blogautore.espresso.repubblica.it/files/2012/10/polyp_with_zooxanthellae.jpg

 

http://bga.forumcommunity.net/?t=54447598

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