Non amo troppo la parola “hobby“, mi sembra qualcosa che attenga sì al tempo libero ed al divertimento, ma non sempre rappresenti un atteggiamento di profonda conoscenza e studio.
Flavio Emer, nato a Caino, in provincia di Brescia il 22 giugno 1969 è affetto da una patologia chiamata SMA Spinal muscular atrophy, e di cui potete trovare molte informazioni qui. La sua condizione però non ha influito sulla conduzione di uno splendido acquario marino. In questo articolo Flavio si racconta a cuore aperto. NdR.
Per l’acquariofilia preferisco ricorrere al termine “disciplina” o, se si vuole esagerare, “malattia incurabile di origini coralline (MIDOC)”.
Prendersi cura di una vasca e dei suoi ospiti richiede tempo ed anche un minimo di energia fisica.
Chissà quanti, come me in condizioni di disabilità, si cimentano con pesci ed invertebrati?
Ebbene, qualche difficoltà si presenta, è tuttavia ovvio che molto dipende dal grado di mobilità e di forza dell’appassionato.
Per coloro che si destreggiano in carrozzina e conservano l’uso delle braccia non vedo grandi problemi; per il sottoscritto la cosa è un poco più complicata.
Mi ci vedete ad aspirare l’acqua dalla sump, attraverso un tubo, per effettuare il cambio? Sarei già in camera iperbarica.
Non mi chino nemmeno per svuotare lo skimmer, riempire il rabbocco, azionare l’impianto di osmosi inversa.
Non mi alzo per agire sulla plafoniera e non caccio mai le mani dentro la vasca (mando avanti gli altri ad affrontare Volitans e Palythoa).
Per gli interventi di sostituzione e manutenzione apparati mi affido al negoziante di fiducia che, mi piace sottolinearlo, è anche mio amico. Con lui è sempre una battaglia per le operazioni da farsi, poi vinco io per sfinimento.
Ho persino la fortuna di essere simpatico ad uno dei Guru del settore, ma non evoco il suo nome poiché potrebbero verificarsi sconvolgimenti chimico-biologico-ambientali.
Allora, vi starete chiedendo, dov’è tutta questa soddisfazione da acquariofilo incallito?
Sarebbe troppo facile nascondersi dietro la citazione di Seneca: “Non è libero chi è schiavo del proprio corpo“.
Allora cercherò di rendere l’idea di come i piaceri intellettuali, di approfondimento e ricerca compensino ampiamente l’impossibilità di operare plasticamente sull’oggetto delle proprie attenzioni.
Far funzionare un ecosistema chiuso, non sto assolutamente dicendo che io ci riesca, richiede anzitutto una sorta di occhio clinico, un dito salato così come i giardinieri possiedono il pollice verde. Paradossalmente, proprio il fatto di non poter agire fisicamente mi ha aiutato ad affinare le qualità di osservazione.
Poi sono importanti le decisioni sul cosa fare; e queste non le delego proprio a nessuno. Successi ed errori sono tutti miei.
Dedico una cura maniacale alla realizzazione dei test. Voglio persino scegliere le minime variazioni di correnti date da millimetrici spostamenti delle pompe di movimento.
Passo ore ed ore davanti al vetro e, da buon ipocondriaco, trovo sempre qualcosa che non va anche nel mio reef di casa.
Conosco la nuotata dei pesci e provo ad indovinarne le traiettorie. Seguo in tempo reale la muta dei coralli molli ed aspetto la notte, a luci spente, per scovare quegli esseri clandestini che escono raramente dal nascondiglio.
Sarei disonesto se non citassi gli amici che mi supportano, e sopportano, quotidianamente nei lavori di manovalanza (sempre siano lodati); noto che quelli che hanno resistito si sono persino un poco appassionati all’argomento.
Sentirli parlare di Planarie, Cianobatteri, potenziale redox e Pygoplites diacanthus allarga il cuore quanto vedere i pesci pagliaccio trastullarsi nel loro anemone preferito.
L’acquario è malattia ma al contempo cura. Consiglio a tutti di avvicinarsi a questa fantastica disciplina.
C’è stato un tempo in cui, causa la mia condizione, ero abbastanza arrabbiato con Madre Natura; confesso che poter godere quotidianamente dello spettacolo offerto dalla vita, in tutte le sue forme e trovate pur di perpetuarsi, guardare i coralli che si alzano al cielo verso la luce, mi ha parecchio riconciliato con un universo che, fortunatamente, non ha soltanto me come progetto.
Torno a nuotare, da qualche ora manco dalla vasca.
Sì, ho detto “nuotare” perché là dentro non ci vanno soltanto i miei occhi, ma corpo ed anima tutti interi.