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La pesca non sostenibile delle acciughe (Engraulis encrasicolus)

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La situazione delle acciughe nel Mediterraneo:

Il Mediterraneo, mare un tempo prospero e ricco di biodiversità e oggi è purtroppo al collasso.

La pesca è la responsabile maggiore di tale collasso che sfrutta in maniera eccessiva le proprie risorse, esempio di tale sfruttamento sono gli stock di acciughe e sardine del Mar Adriatico e del Canale di Sicilia che sono pescati in modo eccessivo e non ecologicamente sostenibile in quanto vengono pescati più di quanti se ne riescano a riprodurre e crescere. I dati relativi agli stock ittici del Mediterraneo mostrano una situazione disastrosa: il 93% degli stock valutati non è pescato in modo sostenibile”.

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L’Engraulis encrasicolus, nome comune acciuga o alice, è la specie ittica più pescata, in Italia nel solo 2013 in Italia sono state pescate 29.664 tonnellate di acciughe, pari a 55,36 milioni di euro di ricavi, nel 2014 ne sono state pescate quasi 32 mila tonnellate. Segue al secondo posto la sardina, spesso catturata insieme all’acciuga, con oltre 25 mila tonnellate.

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Fig. 1. Stime idro-acustiche di biomassa della popolazione di acciuga e sardina al largo della costa meridionale siciliana dal 1998 al 2008 (Patti et al., 2009)

La pesca delle acciughe rappresenta la principale risorsa di pesca, che costituisce quasi il 30% della produzione totale di pesce del Mediterraneo (Lleonart e Maynou, 2003); nonostante questa specie risulti sempre la più pescata dalla nostra flotta nazionale, non va sottovalutato il calo nelle catture (pari a 16000 t) registrato nel 2008 rispetto all’anno precedente. Sempre nel 2008, dal punto di vista economico, la specie che ha fornito il maggiore contributo alla formazione del fatturato complessivo è rappresentata dal pesce spada ma le acciughe risultano comunque la seconda specie in ordine di fatturato (IREPA, 2010; Tab.1).

 

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Tab. 1. Catture e ricavi (% sul totale sbarcato) delle specie ittiche più abbondanti, Sicilia 2008 (Fonte IREPA, 2010)

REGOLAMENTAZIONE:

Dalla fine degli anni Novanta, vengono rilasciate da parte della Direzione Generale della Pesca e Acquacoltura del Ministero delle politiche agricole e forestali delle particolari “licenze di pesca sperimentale” nel Canale di Sicilia a una serie di pescherecci a strascico, che possono così utilizzare il sistema della “volante a coppia”.

Foto Pesca Imbarcazione 4 Coldiretti

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Le volanti a coppia si aggiungono alle tradizionali lampare (o ciancioli o pesca a circuizione). Un sistema di pesca piuttosto selettivo, che riduce notevolmente la possibilità di catturare pesce sotto taglia, e che viene quindi sfavorito dalla concorrenza della potente flotta delle volanti che pesca tutto quello che entra nella rete aumentando il rischio che catturino acciughe e sardine piccole che poi vengono rigettate in mare. A differenza delle lampare che si fermano in inverno, le volanti sono in grado di operare tutto l’anno e possono farlo anche con mare relativamente mosso operando anche nel periodo dove, per i cicli naturali delle due specie, il numero degli esemplari giovanili in mare è elevato.  Quelle licenze che in un primo momento erano rilasciate come licenze sperimentali e quindi sottintendendo un breve periodo di sperimentazione, un tempo con rinnovo annuale adesso semestrale, sono state fino ad oggi rinnovate continuamente, portando di fatto alla formazione di un intera flotta di volanti a coppia dall’Adriatico fino allo Stretto di Sicilia che ha indiscutibilmente contribuito a portare lo stock ittico di sardine e acciughe al collasso, come peraltro confermato dalla Commissione Europea (fig.2).

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Fig. 2. stato di pesca del Mediterraneo, Commissione Europea

Questo tipo di gestione non è confinato solo nel canale di Sicilia ma in tutta Italia dove l’intero settore della pesca attraversa una crisi profonda causata da politiche e misure di gestione inadeguate che per decenni si sono basate sul mero profitto economico, che sono servite solamente a favorire la pesca eccessiva.

Un sistema di gestione basato su scappatoie, deroghe, mancanza di trasparenza e un uso non sostenibile di sussidi pubblici ha favorito la distruzione di habitat marini e scarsa tutela delle risorse ittiche.

ripercussioni e conclusioni a pagina 3

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