Alcuni casi di intossicazione da palitossine
In letteratura acquariologica sono riportati aneddoticamente anche alcuni casi di ingestione accidentale o semplice contatto con le labbra di piccole quantità di muco di zoantari. Il tipico sintomo in questi casi di intossicazione è un retrogusto metallico in bocca. Ad esempio Borneman (Aquarium corals: selection, husbandry and natural history. T. F. H. Publications, 2001) riferisce di un acquariofilo che subito dopo aver manipolato una colonia di Palythoa inavvertitamente si mise le dita in bocca. La sua bocca si intorpidì e per un po’ sentii uno strano retrogusto metallico.
Un altro acquariofilo dopo aver accidentalmente ingerito un piccolo schizzo d’acqua e secrezioni, mentre con la bocca leggermente socchiusa spazzolava una colonia di Palythoa fuori dall’acquario, manifestò tachicardia, mal di testa, pressione sanguigna instabile e sapore di metallo in bocca. In poche ore i sintomi diminuirono senza altre conseguenze (Friedrich, 2012: Palytoxin – Vom Aquarium ins Krankenhaus? Der Meerwasseraquarianer 1: 54-67).
Un terzo acquariofilo dopo aver messo in bocca l’estremità di un tubo flessibile, usato per sifonare il fondo dell’acquario, che poco prima si era sporcata con muco di una colonia di Palythoa, manifestò gli stessi sintomi con l’aggiunta di forte gonfiore di bocca e labbra, sensazione d’affanno, grande stanchezza e mal di testa (Friedrich, 2012).
I metodi di contatto più comuni
Colonie di alcune specie di Palythoa vivono in mare anche a poca profondità e durante la bassa marea possono rimanere esposte all’aria per diverse ore sotto il sole tropicale, quindi sono in grado di sopravvivere a lungo all’asciutto.
Spesso colonie di Palythoa arrivano accidentalmente in acquario introdotte involontariamente dall’acquariofilo come “clandestine” con le rocce vive. In alcune vasche poi crescono rapidamente al punto tale da diventare invasive ricoprendo e uccidendo i coralli duri.
Questo si verificò nel caso dell’acquariofilo bolzanino che per eliminare dei polipi di Palythoa divenuti infestanti spazzolò sotto l’acqua corrente bollente una roccia viva che ne era ricoperta. Si produsse così un aerosol contenete palitossine che inalò. Il paziente, dopo 2 ore dall’inalazione del vapore, iniziò ad avvertire sintomi quali forte tosse, difficoltà respiratorie e febbre (38°C), che progressivamente peggiorarono, con febbre alta (>39°C), dispnea, ortopnea e tachicardia. Il paziente fu ricoverato in terapia semi-intensiva, con diagnosi di insufficienza respiratoria parziale. Fu dimesso dopo sei giorni senza febbre e solo con tosse.
I Palythoa più pericolosi
Sullo zoantario dell’acquario del paziente sono state condotte analisi morfologiche e genetiche, che hanno portato alla sua determinazione come Palythoa cf. toxica. Le analisi filogenetiche indicano che la specie appartiene al gruppo di specie simili P. heliodiscus / P. toxica / P. variabilis. Sulla base dei casi di intossicazione riportati in letteratura scientifica, sono da considerarsi potenzialmente molto pericolose tutte le colonie di Palythoa che assomigliano morfologicamente a P. heliodiscus, P. toxica e P. variabilis.
La presenza di elevate quantità di palitossine (>90 μg/g di zoantario) nei polipi di Palythoa cf. toxica è stata rilevata sia tramite saggio immunoenzimatico (ELISA) che cromatografia liquida accoppiata alla spettrometria di massa ad alta risoluzione (LC-HRMS). Approfondite analisi hanno permesso di individuare oltre alla presenza di palitossina anche di due sue nuovi analoghi finora mai rilevati: una deossipalitossina e una idrossipalitossina.
Oltre ai polipi della colonia di P. cf. toxica che ha provocato l’intossicazione, sono stati analizzati anche polipi di un’altra specie che viveva in un acquario del Museo di Scienze Naturali di Bolzano. Le analisi morfologiche e filogenetiche hanno permesso di determinarla come Palythoa mutuki, mentre le analisi immunoenzimatiche e chimiche hanno rilevato solo piccole tracce di palitossina. Questa seconda specie è risultata essere quindi poco tossica.