La moderna concezione di Biotopo
Grazie al contributo di molti esploratori, si tende oggi correttamente a geolocalizzare il biotopo; si tendende a ricostruire le caratteristiche specifiche di una ben delimitata zona: acqua, corrente, popolazione ittica, vegetazione e morfologia del territorio. A tale proposito citerei a titolo esemplificativo il nostro “mio” fiume Ticino che conosco palmo a palmo dalla sua uscita dal Lago Maggiore fino al Ponte delle Becca quando confluisce nel Po.
Ebbene vi è una varietà di ambienti che si possono incontrare lungo il suo corso che dire “biotopo del fiume Ticino” sebbene l’ampiezza geografica sia relativamente piccola, non avrebbe senso: si incontrano diversi tipi di acque, che si possono diversificare non tanto dalle caratteristiche biochimiche delle stesse, bensì dalle caratteristiche idrogeologiche: morte (acque ferme in asta principale), raschi (acque veloci e basse sempre in asta principale), risorgive, stream e rami laterali caratterizzati da bassa portata e acque basse e veloci) e zone stagnanti distaccate che vengono periodicamente inondate dalle piene e in cui è facile trovare le stesse specie che vivono lungo l’asta principale, ad esclusione di quelle che prediligono corrente forte.
Prendiamo ad esempio due specie che popolavano una volta abbondantemente questo fiume (oggi purtroppo a causa di Cormorani e Siluri molte specie si sono estinte o diventate molto rare): il Triotto (Rutillus aula – ancora oggi abbondante negli strem laterali in acque calme) e la Trota marmorata (Salmo [trutta] marmoratus – endemismo Italico ed in via di estinzione).
Entrambe le specie abitavano l’asta principale del fiume azzurro, il primo nelle morte, nelle lanche laterali in corrente lenta, la seconda invece in piena corrente al centro del fiume in cui il volume d’acqua trasporta innumerevoli prede. Il primo per lo più erbivoro capace di adattarsi anche ai piccoli stream laterali a lento decorso dove si trova anche oggi, la seconda carnivora e se di grandi dimensioni prettamente ittiofaga al pari dei Lucci, con i quali condivideva il fiume come predatore all’apice della catena alimentare, spartendosi il corso d’acqua: il Salmonide in acqua veloce, l’Esocide in acqua calma.
Questo preambolo per portare all’attenzione del lettore un fatto basilare su come realizzare un biotopo realistico e adatto alla specie che si vuole ospitare.
Esistono 3 fattori che dovrebbero guidarci alla realizzazione di un biotopo, da costruire intorno ad una o più specie (ovviamente compatibili) che popolano determinate acque:
- La geolocalizzazione: morfologia e geologia del corso d’acqua, vegetazione;
- Caratteristiche idriche: parametri fisico/chimici, flusso della corrente (elevata o lenta/ferma);
- Le specie, compatibili, che popolano quel tratto di fiume, lago o corso d’acqua.
Tenendo sempre prioritario il terzo punto: cioè le esigenze primarie della specie che vogliamo ospitare.
Conclusione
Mi auguro di aver fatto un po’ di chiarezza su ciò che secondo me è l’essenza del concetto biotopo, oggi usato troppo genericamente per descrivere le acque di un continente; biotopo amazzonico o asiatico equivale a dire biotopo europeo o africano: se riflettiamo è senza senso logico.
Un concetto talmente immenso che sarebbe utopistico riprodurlo in 5 pareti di cristallo.
È quindi più realistico parlare di biotopo del Rio Negro a Sao Gabriel da Cachoera, oppure a Sao Joaquim alla confluenza del Rio Uapes.
Se in Ticino possono essere rilevate differenze di habitat cosi marcate ed è lungo solo 248 km, pensate al Rio Negro e a quanti ambienti diversi possono essere rilevati in 2.000 km di corso!
Pertanto, come del resto viene correttamente evidenziato negli ultimi tempi, nel rappresentare un Biotopo acquatico sarebbe necessario descrivere la zona precisa di un corso d’acqua anziché una generalistica zona geografica indefinita.
Ma soprattutto considerare in primis le caratteristiche biologiche, etologico/comportamentali e di compatibilità delle specie che popolano quel tratto di fiume o stream, tenendo ben presente che un Neon, sudamericano, ha più affinità con un Tanichthys, asiatico, che con uno Scalare o un Cardinale: non vedrete MAI in natura questa specie insieme, sebbene siano tutte amazzoniche!!!!!
Troppo spesso, erroneamente, gli appassionati scelgono le specie in base alla provenienza geografica nel goffo tentativo di dare un maggiore equilibrio alla propria vasca: nulla di più errato. Sono le affinità biologiche che invece devono primariamente guidarci nella scelta dei nostri ospiti: pesci che abbiano le stesse esigenze alimentari, etologiche e biologiche vivranno in modo più tranquillo e meno stressante, aumentando la longevità e riducendo l’incidenza di eventi patogeni.
Qualche esempio di pesci “amazzonici” da non abbinare? Bhe Neon e Cardinali, o Cardinali e Mikrogeophagus ramirezi, oppure asiatici Barbus tetrazona e Betta splendens, Barbus nigrofasciatus e Tateurndina ocellicauda.
Ma delle compatibilità parleremo la prossima volta.
N.B. I pesci nelle foto sono stati rilasciati con le dovute cautele nel loro ambiente!
Un caro saluto e ci vediamo alla prossima.