Una recente ricerca della James Cook University ha messo in luce come una temperatura troppo elevata stia danneggiando i pesci nel loro ambiente naturale, la barriera corallina. Vediamo in dettaglio cosa stia succedendo e se questo possa avere o meno un impatto sul nostro acquario marino domestico.
Il team di ricercatori alla ARC – Centre of Excellence for Coral Reef Studies (Centro di Eccellenza per gli studi sulla Barriera Corallina) della James Cook University Australiana ha appena pubblicato il documento “Increasing ocean temperatures reduce activity patterns of a large commercially important coral reef fish” (L’aumento della temperatura degli oceani riduce l’attività di un grandissimo numero di pesci della barriera corallina importati commercialmente) a cura di J.L. Johansen, V. Messmer, D.J. Coker, A.S. Hoey e M.S. Pratchett nell’ultimo numero di Global Change Biology.
Lo studio prende consistenza considerando l’analogia fra come si comportano e stanno le persone normali sotto una calura persistente, ovvero con poco appetito e senza voglia di fare nulla, ed il comportamento che stanno cominciando a dimostrare i pesci che vivono nella barriera corallina, sottoposti ad un aumento della temperatura media degli oceani.
Quindi l’alta temperatura non è dannosa solo per i coralli, con fenomeni di bleaching (sbiancamento), RTN (rapid tissue necrosis – morte rapida del tessuto), STN (slow tissue necrosis – morte lenta del tessuto) ma pare anche per i pesci. Ma vediamo in dettaglio cosa hanno scoperto e documentato.
Il dott. Jacob Johansen ci racconta infatti che i pesci sono fortemente condizionati dal nuoto, che permette loro di fuggire ai predatori, di procurarsi il cibo e di trovare il/la compagna, ma l’aumento del riscaldamento globale ha portato ad una diminuzione del nuoto, quindi i pesci preferiscono maggiormente stare fermi sul fondo ed a nuotare meno, e quindi a mettere in pericolo le tre attività appena descritte e di conseguenza il rischio potenziale futuro di incidere sulla distribuzione e sulla sopravvivenza di alcune tipologie di pesci.
Per farlo hanno pescato diversi esemplari di cernia dei coralli, un serranide, dalla Grande Barriera Corallina Australiana, sia a nord che a sud, e dopo un adeguato periodo di ambientamento, 4 settimane, ne hanno misurato il comportamento e la velocità nel nuoto in quattro differenti scenari, a 24, 27, 30 e 33 gradi.
Addirittura pare che i pesci pescati nella parte nord della Grande Barriera Corallina Australiana si siano meglio adattati alle nuove condizioni atmosferiche, rispetto a quelli pescati nella parte sud, ma in ogni caso è di fondamentale importanza capire come tutto questo possa incidere sul futuro e prevedere degli scenari credibili che ci permettano di salvaguardare le specie ittiche presenti.
Per approfondire, in inglese: Increasing ocean temperatures reduce activity patterns of a large commercially important coral reef fish
E nel nostro acquario?
Fa parte del sapere comune associare un aumento della temperatura con un aumento del metabolismo dei pesci in acquario. Ovvero un maggior movimento, una migliore pigmentazione della pelle, ed una maggior tendenza a deporre le uova. Però in effetti non ci si sofferma mai a pensare a cosa potrebbe succedere se la temperatura eccedesse quella ottimale, a parte il riferirsi ad una laconica morte dei poveri pesci se la temperatura dovesse eccedere troppo.
In effetti poi in acquario non c’è la necessità di doversi procacciare il cibo, nè la necessità di doversi nascondersi dai predatori, nè infine la necessità di trovare il giusto compagno/compagna con cui portare avanti la propria specie. Inoltre considerando i costi attuali dell’energia elettrica probabilmente non ci troveremo mai nella situazione, a lungo termine, di danneggiare i pesci…
E voi cosa ne pensate?