La notizia è dell’8 Giugno 2016, Luke Tornabene, D. Ross Robertson e Carole C. Baldwin pubblicano la loro nuova scoperta: un pesce delle barriere coralline mai osservato prima, data la profondità in cui vive, il Godzilla Goby.
Il nome scientifico sarebbe Varicus lacerta sp. ma per quello comune è stato scelto proprio Godzilla, un nome imponente per un piccolo pesce come questo. Questa specie è rimasta sconosciuta fino ad oggi in quanto si trova a profondità non raggiungibili dai subacquei, circa 140 m. Il pesce è stato trovato a Curaçao, nel sud dei Caraibi.
Per catturare lo sfortunato esemplare è stato usato un sottomarino capace di raggiungere fino a 300 m di profondità e dotato di narcotico, come si può osservare nel video seguente. Il pesce è stato trovato vicino ad una spugna, ma non si sa se questo sia un caso o se effettivamente sia relativo al suo habitat.
https://www.youtube.com/watch?v=UvxJEi-vER0&feature=youtu.be
L’esemplare è stato studiato e catalogato nelle sue caratteristiche, compreso il DNA ed uno studio nei massimi dettagli (fra cui delle radiografie digitali). È bastato questo singolo esemplare anche per catalogarlo, come vediamo nell’immagine qui accanto (cliccate per ingrandirla).
Il nome scientifico (lacerta) si riferisce ad una lucertola, dato il suo particolare aspetto, che viene ingigantito poi nel nome comune di Godzilla, il rettile terrificante che viene appunto dal mare. L’esemplare catturato è un maschio, lungo appena 3,6 centimetri. Il pesce presenta una grossa testa e grandi occhi ed è privo di squame. Come si può osservare in foto, oltre al giallo presenta dei piccoli puntini neri.
Ci piacerebbe potervi dare più informazioni su questo pesce davvero bellissimo, fra cui dirvi che presto lo potrete tenere nei vostri acquari e che non è una specie in via d’estinzione, ma purtroppo questo è il primo e unico esemplare trovato di questa specie. Anzi ci sembra poco simpatico che, in nome della scienza, un pesce, che per quanto ne sappiamo poteva essere l’unico della sua specie, come primo contatto con l’uomo venga catturato col narcotico e poi ucciso per essere messo in formalina. Avremmo preferito sapere che una telecamera ne aveva tracciato gli spostamenti ed il comportamento, nonché i suoi simili. Oppure ci sarebbe piaciuto saperlo ospitato in un acquario allestito apposta per lui dove si sarebbe potuto osservare. Invece ne conosciamo la struttura ossea, DNA e filogenesi, ma non lo abbiamo mai visto nuotare, solo salire lentamente a galla da narcotizzato. In qualche modo l’approccio scientifico verso la scoperta di nuove specie ci sembra arcaico nonché brutale. Ci chiediamo inoltre quanto sia necessario (e più utile) contare tutte le spine nelle sue pinne in confronto a studiarne l’habitat, l’ecosistema ed il comportamento.
Il paper originale lo potete trovare sulla rivista scientifica ZooKeys e sul sito dell’istituto di ricerca Smithsonian.