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La stella corona di spine minaccia tutti i coralli ma forse…

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stella corona di spine Un gruppo di ricercatori è riuscito a sequenziare il genoma della stella marina Acanthaster planci (corona di spine) e a ricavare da esso un possibile bio-controllo.

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Oggi noi di DaniReef vogliamo parlarvi dell’articolo, “The crown-of-thorns starfish genome as a guide for biocontrol of this coral reef pest”, pubblicato su Nature da un team di ricercatori dell’Università del Queensland , dall’Istituto di scienza e tecnologia di Okinawa e dell’Università della Sunshine Coast, che descrive la loro ricerca che ha portato al sequenziamento del genoma dell’Acanthaster planci (corona di spine) e come tale risultato possa essere utilizzato come bio-controllo di questo “parassita” che infesta e distrugge le barriere coralline.

Acanthaster planci

Classificazione:

  • Famiglia: Acanthasteridae (Sladen, 1889)
    • Genere: Acanthaster (Gervais, 1841)
      • Specie: Acanthaster planci (Linnaeus,1758)
Fonte: doi:10.1038/nature22033

La stella marina Corona di spine (nome comune) è coperta di spine acuminate lunghe circa 6 cm e velenose, dotata da 6 a 23 braccia e con un diametro medio di 40-60 cm, ma può raggiungere gli 80 cm. I colori spaziano dal blu violaceo al rosso-grigio al verde.

Fonte: doi:10.1038/nature22033

E’ diffusa in tutta la regione Indo-Pacifica, dal Mar Rosso alla costa dell’Africa orientale, fino ad arrivare alla costa occidentale dell’America Centrale.

Il suo efficace sistema di difesa fa sì che abbia pochi predatori, tra i quali la lumaca gigante tritone, il pesce palla (Arothron hispidus), il pesce balestra titano (Balistoides viridescens), e il pesce Napoleone (Cheilinus undulatus).

Per essere una stella marina si muove veloce, 20 metri all’ora, e sebbene il suo corpo abbia un aspetto rigido, è in grado di piegarsi e di torcersi per circoscrivere i contorni dei coralli di cui si nutre.

Teniamo subito a precisare che in condizioni naturali questi animali non recherebbero nessun problema al normale svolgersi della vita biologica nelle barriere coralline, ma un insieme di cause concatenanti causate con buona probabilità dall’attività antropica, ha fatto si che l’esplosione demografica della corona di spine causi gravi problemi, secondo l’Università del Queensland è responsabile del declino di circa il 40% dei coralli nella Grande barriera australiana, già pesantemente danneggiata a causa del fenomeno dello sbiancamento.

Problemi

Le COTS (Crown-of-thorns starfish) sono normalmente presenti in natura sulle barriere coralline, ed essendo corallivore, si nutrono dei polipi dei coralli, in media possono consumare 13 metri quadrati di barriera all’anno. Predano principalmente coralli a crescita tabulare (es Acropora ), tuttavia, in condizioni di sovrabbondanza di COTS,  possono mangiare altri coralli, come Porites o Montipore. Oltre ai coralli duri, la COTS può anche mangiare spugne, coralli molli, alghe e organismi incrostanti.

Fonte: doi:10.1038/nature22033

In condizioni naturali la stella corona di spine si trova in numero ridotto sulle barriere coralline, ma possono raggiungere condizioni “infestanti” quando le condizioni ambientali sono alterate, come ad esempio quando il fitoplancton, un’altra loro fonte di cibo, diventa più abbondante grazie allo sversamento di fertilizzanti e altri inquinanti dalla terra verso il mare, ma anche dalla pesca eccessiva dei suoi predatori.

La situazione inizia ad essere preoccupante quando si rinvengono sulle scogliere 30 o più individui per ettaro, tali aggregazioni di COTS vengono chiamati focolai. Nel corso degli ultimi decenni la frequenza di questi focolai sembrano essere in aumento, causando danni diffusi alle barriere coralline dell’Indo-Pacifico. Nel 1970 sulla parte nord della Grande Barriera Corallina, si verificò un espansione di questi focolai di COTS che durò otto anni, raggiungendo picchi di 1000 individui per ettaro, lasciando 150 barriere prive di coralli, e 500 scogliere danneggiate.

Danni da COTS possono influenzare indirettamente le popolazioni di pesci che dipendono dalle barriere coralline per l’habitat.

I sistemi di controllo utilizzati fino ad oggi

I sistemi di controllo fin ora utilizzati comprendevano iniezioni di: aria compressa, formalina, ammoniaca, solfato di rame, bisolfato di sodio e aceto, oltre a costruzioni di recinzioni subacquee. Questi metodi, tra i quali i più sono opinabili visto che possono danneggiare anche altri organismi e non solo i COTS, necessitano di molta “manodopera” e sono anche molto costosi, date queste limitazioni il loro utilizzo può essere giustificato solo in piccole barriere di grande importanza socio-economica o biologica, come ad esempio importanti siti di deposizione delle uova, attrazioni turistiche, o aree con elevata biodiversità.

Il bio-controllo della corona di spine

Il sequenziamento dell’intero genoma della corona di spine, avvenuto per la prima volta, grazie alla collaborazione dei ricercatori di Okinawa e Australiani, ha rilevato anche molecole di origine idrica che i COTS utilizzano per comunicare e per raggrupparsi in grandi aggregati.

Fonte: doi:10.1038/nature22033

Per identificare i geni che potrebbero essere utilizzati per il biocontrollo. i ricercatori presso l’Università della Sunshine Coast e l’Australian Institute of Marine Science hanno costruito un labirinto a forma di Y, con una stella marina posizionata alla fine del ramo più lungo, uno dei rami più corti è stato irrorato con acqua raccolta vicino a dei “focolai” di COTS. Poiché la stella si è diretta verso questo ramo del labirinto, hanno concluso che tale campione d’acqua doveva contenere molecole che inducevano la stella a “radunarsi” con gli altri membri della sua specie. Gli stessi campioni di acqua sono stati poi analizzati biochimicamente con lo scopo di identificare le molecole che guidano questi aggregati.

Membri dell’unità OIST Marine Genomics accanto al dispositivo di sequenziamento di DNA di nuova generazione utilizzati in questo studio. In piedi, da sinistra: Prof. Noriyuki Satoh e Dr. Eiichi Shoguchi. Seduto, da sinistra: Kanako Hisata e Ken Baughman. (Photo Credit: OIST)

Conclusioni

Questo potrebbe essere il primo passo per capire come interrompere la loro comunicazione su larga scala e prevenire questi grandi aggregati di Acanthaster planci. Spiega uno degli autori dello studio “negli ultimi anni sono stati spesi milioni di dollari in progetti di cattura delle stelle corona di spine, ora che abbiamo scoperto il gene con cui comunicano, possiamo fabbricare delle esche sicure per l’ambiente, che facciano convergere le stelle marine in un posto dove poi poterle rimuovere“.

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