Uno degli spettacoli più belli che possiamo ammirare nelle nostre vasche è il rapporto un po’ complice di assistenza tra i nostri pesci ed i gamberetti pulitori.
Una vera e propria simbiosi mutualistica che in natura ha carattere di normalità in quanto accade tra moltissime specie animali, e che spesso possiamo osservare con i nostri occhi nel nostro più piccolo e limitato mondo marino.
Che sia un Lysmata amboinensis o uno Stenopus hispidus la scena che ci si presenta agli occhi è più o meno la stessa. Il piccolo crostaceo con la massima disinvoltura si appresta ad avvicinarsi al pesce di turno. Quest’ultimo, fermo immobile come paralizzato lo aspetta, e pazientemente attende che questi con fare risoluto monti in sella e cominci a lavorare. Il gambero si muove agitandosi con gran perizia, scovando qualcosa che a volte non si riesce neanche a vedere. Lo prende, lo porta alla bocca, e poi ricomincia, andando avanti così finché non ha completato il suo lavoro.
Quello che ha trovato è per il pesce un noioso invasore, un parassita da cui liberarsi per evitare infezioni e fastidi. Per lui al contrario è una succulenta fonte di cibo, qualcosa di cui riempirsi gioiosamente la pancia.
Ecco quindi che il legame di mutua assistenza si instaura in modo naturale. E anche tra animali che magari l’oceano non l’hanno mai visto in quanto nati e cresciuti in cattività, questo comportamento sembra scritto nel codice genetico, un vero e proprio retaggio ancestrale.
Un rapporto di complice amicizia
Ma come fanno due specie così diverse a intendersi così bene?
Cosa trattiene il grosso pesce, perennemente in cerca di cibo, dal fare un solo boccone dello sfrontato gambero che ha l’ardire di girargli intorno impunemente?
Già perché quando si parla di pulizia si intende pulizia fin nei minimi dettagli.
Il gambero è talmente scrupoloso da svolgere la propria opera in zone anatomiche a volta nascoste, esplorando tutti gli anfratti e i recessi cutanei, tra le branchie, spesso e volentieri andando proprio in bocca ai propri clienti. Qualcuno potrebbe chiamarla incoscienza, altri sfrontatezza o semplicemente coraggio, ma le cose non sono sempre come sembrano.
Il gambero in questione non è avventato, ma ha semplicemente risposto a una comunicazione intercorsa tra i due, intervenendo perché il pesce glielo ha chiesto!
Codici e segnali dei gamberetti pulitori
Secondo alcuni studi effettuati dalla dott.ssa Eleanor M. Caves del dipartimento di Biologia dell’Università Dukes (Durham, UK) esiste un codice segreto fatto di segnali visivi tra le specie, che permette una comunicazione efficace e diretta, finalizzata a rendere sicura questa attività e a far si che questa singolare collaborazione non diventi piuttosto un incubo da cui non svegliarsi più per il gambero.
Lo studio è stato effettuato analizzando le interazioni di un crostaceo denominato gamberetto “Pederson” (Ancylomenes pedersoni secondo la tassonomia biologica) con svariate tipologie di pesci.
Ben 199 incontri del “Pederson” sono stati studiati, la maggior parte dei quali avvenuti con il pesce Pseudupeneus maculatus (Spotted goatfish), e con il pesce chirurgo Acanthurus bahianus (Ocean surgeonfish).
Una casistica abbastanza consistente e che ha restituito risultati sorprendenti.
Tutto inizia quindi con l’avvicinarsi del pesce alla zona prescelta dal crostaceo. Egli, riconoscendo alcuni elementi indicativi, sa che in quella zona è presente un servizio di pulizia di tutto rispetto e quindi in caso di necessità può recarvisi agevolmente.
Una volta raggiunta la zona di pulizia il pesce si ferma immobilizzando il proprio corpo come se stesse posando per un fotografo.
Alla vista del pesce il gamberetto, naturalmente affamato e sempre in cerca di cibo per la naturale tendenza degli animali ad accumulare quanto trovato sul momento, comincia la sua comunicazione con gli strumenti che possiede.
Non ha corde vocali, non può comunicare col suono, ma dispone di lunghe e flessibili antenne e le usa. Comincia a muoverle nell’acqua in modo da segnalare di essere disponibile all’affare.
Due i movimenti notati con più frequenza, l’ondeggiamento lento delle antenne sembrerebbe essere il più comune, ma in alcuni casi è stato riscontrato anche un movimento a frusta di queste appendici tattili.
Il pesce comprende le intenzioni del gambero e risponde alla sua maniera, ovvero cambiando colore.
Infatti nei pesci una delle capacità di cui siamo testimoni quotidianamente, è quella di cambiare il proprio colore in base alla situazione che devono affrontare.
Un pesce spaventato o in pericolo nella stragrande maggioranza dei casi lascerà che la propria livrea si sbiadisca per non risaltare nell’ambiente circostante e, dovesse essere notato, per lasciar pensare agli altri pesci che sia malato e quindi non appetibile per un buon pasto.
Questo comportamento lo osserviamo anche di notte, una sorta di autoprotezione che gli permette di abbassare la guardia nei confronti degli altri abitanti, visti spesso come un pericolo e una minaccia, se non alla propria incolumità, quanto meno alla propria supremazia territoriale. Basti pensare alla colorazione notturna dello Zebrasoma flavescens che dal suo giallo vivido diventa quasi bianco trasparente, salvo poi riacquistare vivacità alla luce diurna.
Nel nostro caso specifico il pesce reagisce aumentando la propria colorazione e scurendo il proprio tessuto.
È il suo segnale per dire “ok puoi venire, puliscimi pure che non ti mangio!”.
Un segnale molto forte quindi, un segnale visivo evidente in grado di essere captato da moltissime forme di vita animale in quanto si basa sul contrasto con l’ambiente circostante.
D’altra parte il gamberetto non è in grado di vedere i colori, vede soltanto in scala di grigi, ma è comunque in grado di percepire benissimo il contrasto delle forme e pertanto lo scurimento del tessuto.
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