Phospha-Guard Bio Cubes è un nuovissimo prodotto che elimina i fosfati utilizzando dei carboidrati. La cosa è troppo curiosa per non presentarvela.
Come al solito dobbiamo ringraziare ReefBuilders che trova i prodotti più strani in commercio. E questo prodotto ci ha davvero incuriosito. Normalmente quando si hanno fosfati in acquario per eliminarle si impiegano resine ferrose, quelle nere, chiamate anche GFO, fra le quali le capostipiti sono state le Rowa Phos, oppure le resine alluminose, fra le quali ricordiamo le Equo Remover PO4 (recensione), oppure si agisce in via biologica con Biopellet (approfondimento) piuttosto che con batteri specifici.
Ma Phospha-Guard Bio Cubes invece non essendo una resina non ha bisogno di un filtro a letto fluido per funzionare. Si può tranquillamente inserire in un piccolo sacchetto e lasciare in sump, come si fa per il carbone attivo per intenderci. Orca, l’azienda produttrice, infatti ci dice che Phospha-Guard Bio Cubes lavora sul rapporto Redfield.
Due Paroline sul Rapporto Redfield
Chi mi segue sa quanto io sia contrario al solo nominare il Rapporto Redfield in acquario, perché non c’entra nulla. Infatti il rapporto Redfield è il rapporto fra carbonio, nitrato e fosfato, ripeto carbonio, nitrato e fosfato, e non solo nitrato e fosfato come in molti professano sui social, per ottenere l’ottimale sviluppo del fitoplancton (ovvero alghe), in mare aperto (ovvero lontano dalle coste e lontano da dove crescono i coralli). Per cui, dal mio personalissimo quanto opinabilissimo punto di vista, il Rapporto Redfield in acquariologia marina non dovrebbe neppure essere nominato. A meno di volere un acquario completamente verde di fitoplancton.
Come funziona Phospha-Guard Bio Cubes
Detto questo, nel caso di Phospha-Guard Bio Cubes il discorso è molto diverso. Infatti il prodotto tende a creare una biomassa batterica (da cui il fatto che forse il rapporto Redfield centri qualcosa) grazie all’impiego di carboidrati, che tende a digerire i fosfati in maniera completamente naturale e senza sottoprodotti di scarto.
A differenza di altri metodi simili, e quello più simile che mi viene in mente è quello relativo ai biopellets, usando Phospha-Guard Bio Cubes non ci sono problemi di crash del sistema acquario a causa del funzionamento intrinseco del prodotto. Orca consiglia comunque di utilizzare assieme a Phospha-Guarda Bio Cubes anche Nitra-Guard Bio Cubes. Non sappiamo però se questo serve più per abbassare il livello dei nitrati ad un più consono rapporto RedField, oppure se è necessaria una qualche interazione chimico-fisico-biologica con quel prodotto per attivare i necessari processi.
Voi cosa ne pensate? Nell’attesa che qualche distributore ci porti questo prodotto anche fra gli scaffali italiani.
Danilo, non sono per nulla d’accordo con le tue parole sul rapporto Redfield. Dal tuo discorso sembra che tu abbia travisato completamente il significato e pare di capire che il rapporto Redfield sia una cosa che agisce tipo un fertilizzante per fitoplancton… Non è che se tu tieni N:P:C in quel rapporto ti diventa l’acqua verde….
Ti invito a leggere da questi semplici link per capire cos’è il rapporto Redfield e come il suo significato può essere esteso ai sistemi che usano i batteri per modificare questo rapporto in acquario:
https://en.wikipedia.org/wiki/Redfield_ratio
https://www.frontiersin.org/articles/10.3389/fmicb.2017.01505/full
Secondo me il concetto è un altro. Basta la prima riga del primo link che citi che riporta “Redfield ratio or Redfield stoichiometry is the consistent atomic ratio of carbon, nitrogen and phosphorus found in marine phytoplankton and throughout the deep oceans. ” cioè un rapporto che si trova nel fitoplancton marino e negli oceani più profondi. E tutto riporta come variando il RR ci siano delle conseguenze sulla crescita del fitoplancton. Non c’è scritto altro. Il secondo link poi parla di tutt’altro. Da nessuna parte si parla di sviluppo di coralli od altro.
Leggi questo: https://agupubs.onlinelibrary.wiley.com/doi/pdf/10.1029/1999GB900065
Il concetto di rapporto Redfield è un po’ più esteso non è solo legato al contenuto del fitoplancton ma alle dinamiche dei flussi di P, N e C negli oceani, oltre che dell’ossigeno che serve per “utilizzare” questi elementi.
Inoltre non so se riesci a leggere questo link:
https://books.google.it/books?id=EOUTJqQbbWMC&pg=PA22&dq=redfield+ratio+bacteria&hl=it&sa=X&ved=0ahUKEwjQ-fahsafpAhVQyaQKHdh-AocQ6AEIPDAC#v=onepage&q&f=false
In particolare pagina 23
Ma scusa, lo sviluppo di coralli secondo me non c’entra… si parla di chimica dell’acqua in generale e di come possiamo modificare la concentrazione di questi elementi biologicamente. E’ ovvio che Redfield coi coralli non c’entri nulla, ma c’entra con la chimica e la biologia dell’acqua.
Io sento sempre acquariofili che dicono che con il corretto RR si ottiene una crescita ottimale dei coralli. Ecco secondo me questo non è vero. O meglio potrebbe succede ma sarebbe un caso non la regola. Perché ottenendo il perfetto RR abbiamo ricreato la condizione ideale dello sviluppo del fito in mare aperto. Poi vediamo che ci sono i fattori limitanti, ma questo non si applica, per me, negli acquari e comunque negli ambienti dove vivono i corali. Anche perché misurazioni in mare aperto ci sono, ma non sono uguali al RR… quindi perché la Natura stessa non segue quella regola? Io nella mia idea cerco di essere sempre simile a quello che fa la natura, valori compresi. E il RR non dice nulla di quello che succede negli ambienti dove crescono i coralli.
Ma non è corretto dire che il rapporto Redfield permette la crescita ottimale del fitoplancton in mare… se al posto di essere P:N:C = 1:16:106, fosse 3:25:110, il fito crescerebbe ugualmente e avrebbe *al suo interno* le proporzioni di Redfield. L’osservazione delle acque profonde oceaniche è una cosa a sè e lui stesso dice che gli “organismi” (in generale) hanno requisiti di P:N:C, relazionati alla quantità di ossigeno necessaria per utilizzarli: “There is a well-known, striking correspondence between the requirements of marine organisms for P, N, and 02 and the ratio of PO4, NO3, and 02 dissolved in ocean water [Redfield, 1958]”. Infatti, quando si ha una esplosione batterica, tutto l’ossigeno viene consumato. Il tutto si ferma quando uno degli elementi diventa limitante.
Ma questo avviene anche un po’ con i coralli. Quando un fattore è limitante, il corallo smette di crescere. Nel nostro caso, i coralli smettono di crescere anche in condizioni di troppa abbondanza per ragioni diverse. Ma è osservato sempre più spesso quanto avere un valore completamente a zero non è cosa buona. Per gli LPS poi la cosa è anche più lampante. Ricordiamo che i coralli vivono in simbiosi con le zooxantelle dalle quali ricevono buona parte degli elementi nutritivi. E le zooxantelle, essendo organismi fotosintentci unicellulari, risentono sicuramente di questo rapporto e della scarsità assoluta di uno degli elementi. Magari in maniera minore, visto che cmq dal corallo ricevono anche N e P.
Più in particolare però per i batteri, questo fenomeno è marcato ed importante e se ne vedono gli effetti. Il prodotto che poi hai recensito, parla di Redfiled per questo motivo, perchè è importante per il principio che utilizza per abbassare i fosfati, come qualsiasi altro sistema, più o meno evoluto, a riproduzione batterica.
Ed in particolare questi passaggi: “There is a well-known, striking correspondence between the requirements of marine organisms for P, N, and 02 and the ratio of PO4, NO3, and 02 dissolved in ocean water [Redfield, 1958]. The Redfield ratios describe the average composition of marine organic matter and the oxygen required to respire it; their classic values are P:N:C:-O2 = 1:16:106:138 [Redfield, 1934, 1958; Redfield et al., 1963]”.
E questo: “Can the biochemical composition of microbes explain the observed Redfiled ratios of the biota and the C:N and C:P ratios of bacteria and algae? The answer is yes, more or less” [microbial ecology]
E questo: “Marine Biogeochemistry
Toby Tyrrell, in Encyclopedia of Ocean Sciences (Third Edition), 2019
Utility of the Redfield Ratio
A very useful property of the Redfield ratio is that it allows an estimate to be calculated of the impact of a process on one nutrient concentration from knowledge of the impact on another.”
Inoltre hai detto che il secondo link non c’entra nulla, forse non lo hai letto attentamente. Questo passaggio è chiave, soprattutto l’ultima frase, sempre parlando del rapporto: “Moreover, differences are expected in terms of stoichiometric flexibility (ability to adjust the internal C:N:P compositions in relation to the sources) among the planktonic components. The zooplankton have been reported to be quite inflexible, (Andersen and Hessen, 1991; Persson et al., 2010; Godwin and Cotner, 2015) and the phytoplankton community is more variable and more flexible (Geider and La Roche, 2002), responding to a wide gradient of light:nutrients ratios (Sterner et al., 1997; Hessen et al., 2002). However, a recent study has shown that the bacterial community can be the most flexible group of heterotrophic organisms known so far (Godwin and Cotner, 2015), with a high potential for adjusting and affecting environmental nutrient availability. The dissolved organic nutrient pools can buffer fluctuations in planktonic nutrient requirements depending on the rate of supply from external environments and their nutrient ratios. Heterotrophic bacteria grow relatively fast and consume primarily dissolved pools of inorganic and organic matter and thus are an important factor determining the elemental stoichiometry of both the dissolved and particulate pools.”
Il concetto di rapporto Redfiled quindi non è fisso agli anni 50, quando quella sul fitoplancton fu la prima osservazione, oggi si estende questo concetto per comprendere i flussi di elementi negli oceani e come le varie specie microbiche, algali ecc.. siano in grado di modificare questo assetto. Quindi il discorso è un po’ più complicato del “Redfield ha visto che la composizione del fitoplancton è così….”
Nessuno parla di coralli, i coralli non c’entrano nulla con Redfiled, semmai Redfiled c’entra con l’azione batterica che modifica le condizioni in acqua e quindi modifica l’ambiante rendendolo, nel nostro caso, favorevole alla crescita e allo sviluppo dei coralli. Agendo in maniera mirata su N, su P e su C per modificare il rapporto, si innsecano delle azioni batteriche mirate per modificare l’ambiente.
Poi scusa ma la tua frase “per ottenere l’ottimale sviluppo del fitoplancton (ovvero alghe), in mare aperto” è una cosa che non è scritta da nessuna parte e secondo me è anche sbagliata come concetto.
Bhe no è la base. Il fitoplancton sono alghe, su questo non ci piove, e se ottieni quel determinato RR hai lo sviluppo ottimale del Fito, in mare aperto.
Per il resto io conitnuo a non vederci il nesso con l’acquario. Qui dice che ci sono fattori limitanti, e questo lo sapevamo già, ma stiamo parlando di batteri in uno specifico ambiente. Non stiamo parlando di quello che succede in ambienti tidali ad esempio.
Ti spiego perchè quello che hai scritto non è corretto.. non con parole mie ma con un passaggio prorpio di uno degli articoli che ti ho mostrato:
“Given that the correspondence involves three elements, the probability of it being a coincidence is very low [Redfield, 1958]. It is also difficult to frame such an explanation as a falsifiable hypothesis. Regarding adaptation, Redfield [1958] noted that phytoplankton do have some ability to vary their elemental composition. Subsequent work has shown that phytoplankton can exhibit large variations in composition from the Redfield ratios when grown under phosphorus or nitrogen limited conditions and at low growth rates [Goldman, 1986; Goldman et al., 1979]. However, at high growth rates, phytoplankton composition approaches the Redfield ratios of C106N16P1, even when the nutrient balance of the medium is far from these proportions [Goldman, 1986; Goldman et al., 1979]. Thus C106N16P1 may be an optimum composition for phytoplankton biochemistry, independent of the composition of the growth medium”
Dice semplicemente che il rapporto può variare di molto nel fitoplancton se ci sono condizioni in cui uno dei fattori è limitante. In condizioni di elevati tassi di crescita, quindi di abbondanza di elementi, la composizione del fitoplancton si avvicina al rapporto Redfiled indipendentemente dalla composizione dell’ambiente.
E tornando al nostro discorso, questo si può estendere all’uso dei batteri, seguendo opportune regole per farli lavorare come vogliamo per modificare l’ambiente.
Ancora non ci vedo nessun nesso fra le due cose… ah… se vuoi vieni sul forum forum.danireef.com che ne discutiamo con più facilità se vuoi
Danilo, scherzi? mi hai davvero cancellato il commento?
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