Triton ha rivoluzionato il modo in cui, oggi, si intendono gli acquari marini, avendo sdoganato per prima la misurazione ICP-OES.
Abbiamo analizzato in passato il metodo Triton, che partiva dalla misurazione ICP-OES, altre informazioni qui, e poi abbiamo visto in dettaglio cosa fosse una misurazione ICP-OES, qui l’articolo di approfondimento.
Ma mentre noi analizzavamo cosa Triton stesse facendo, Ehsan Dashti e la sua squadra è andata avanti, ed ha sviluppato un metodo che potrebbe rivoluzionare il modo in cui noi vediamo e gestiamo i nostri acquari marini.
Introduzione
La gestione degli acquari marini è estremamente migliorata da quando sono diventati disponibili i test ICP, grazie al fatto che ora è possibile conoscere la concentrazione di inquinanti fin nei minimi termini. Questo però ci potrebbe far perdere di vista tutta la complessa interazione fra gli elementi organici e la biologia del nostro sistema chiuso, ovvero parliamo di animali, batteri, cianobatteri, funghi e piante.
Per far fronte a questa complessa problematica, in molti hanno adottato il rapporto Redfield come linea guida. Rapporto che deriva dall’analisi del plancton in mare aperto, condizione ben diversa da un sistema reef.
Triton è quindi partita dall’analisi di centinaia di migliaia di dati pervenuti da acquariofili privati, ma anche da strutture pubbliche e dai loro partner come l’Horniman Museum di Londra e l’esportatore di coralli australiano Cairn Marine.
A partire da questi dati Triton propone un insieme di rapporti fra carbonio, azoto e fosforo, che chiameranno Triton ratios (Rapporti Triton), per l’uso negli acquari marini, che sono per ovvi motivi, sistemi chiusi e limitati.
Questo parte dall’utilizzo del nuovo test N-DOC (analizzatore di elementi CHNS) per produrre i cosiddetti rapporti TRITON in modo da dedurre la presenza di varie specie di carbonio e azoto ed il loro comportamento in percorsi metabolici precedentemente non misurati, consentendo di controllare e manipolare la chimica dell’acqua di mare per una maggiore stabilità del sistema.
Il ciclo dell’azoto
In figura 1 vediamo il normale ciclo dell’azoto in acquario marino come normalmente lo conosciamo. I batteri riducono gli elementi di scarto in azoto e ossigeno laddove possibile. Tuttavia, in realtà anche altre molecole organiche contenenti azoto entrano in gioco e diventano sempre più influenti nei sistemi chiusi più piccoli. Ad esempio le proteine si scompongono in amminoacidi, quindi ammoniaca ed ammonio (NH4/NH3), prima di raggiungere lo stadio di NO3 attraverso le familiari reazioni di ossidazione. Si veda in proposito la Figura 2 riportata più sotto.
È importante notare che l’NH4 (ammonio) è molto più biodisponibile e ricco di energia come nutriente per i batteri rispetto all’azoto della fine del processo, come per altro noi abbiamo sempre sostenuto (e come trovate anche nel libro Acquario Marino del 2013 tanto per fare un esempio). Di conseguenza esistono organismi e/o reazioni organiche che hanno il potenziale di influenzare la chimica dell’acqua di mare oltre alla via batterica di nitrificazione più nota tradizionalmente e misurata nel suo stadio finale usando test kit colorimetrici sui nitrati. In effetti misurare i soli NO3 significa concentrarsi sulla misurazione del solo azoto “rimanente” nel sistema organico dopo che tutto il resto ha già reagito biologicamente. Cosa per altro già affrontata da noi nell’articolo Avere nitrati e fosfati in acquario, nutrienti alti, e non misurarli coi test.
È noto da tempo che l’eccesso di materiale organico porta a nutrienti alti ed a problemi che coinvolgono batteri, cianobatteri e alghe negli acquari di barriera chiusi. Tuttavia, il presupposto che mantenendo i nutrienti “bassi” in questo modo sia sufficiente misurare gli NO3 per mantenere la salute del sistema è troppo semplicistico. Rappresenta solo una parte della storia. Nonostante l’uso di schiumatoi, la cascata di reazioni biochimiche vista in Figura 2 continua, in misura maggiore o minore, non vista e non misurata dall’acquariofilo.
È fondamentale comprendere che non è garantito che queste reazioni influenzino direttamente gli NO3 e quindi è possibile che un ambiente ricco di nutrienti non venga rilevato dai test degli NO3.
A pagina due vedremo in dettaglio i seguenti rapporti Triton che ci permetteranno di gestire in maniera perfetta l’acquario marino:
- Rapporto fra Azoto e Azoto rispetto allo ione nitrato 1:3 – rapporto Triton (N:NO3/N)
- Rapporto fra Carbonio, Azoto e Fosforo (N:C:P) 147:12400:1
- Rapporto fra carbonio organico ed inorganico C(i):C(o) 9:1
- Rapporto tra Fosforo, Carbonio inorganico Carbonio organico e Azoto P:C(i):C(o):N 1:11150:1250:147