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Miti da sfatare: più luce ricevono i coralli meglio è

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Miti da sfatare: più luce ricevono i coralli meglio è

Oggi vogliamo iniziare con una nuova rubrica che potrebbe interessare gli appassionati acquariofili. Ed iniziando chiamando in causa uno dei miti per eccellenza dell’acquariofilia marina, ovvero il fabbisogno di luce dei coralli.

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In effetti l’assunzione che “più luce ricevono i coralli meglio è” non è del tutto falsa, ma come avevamo scritto in un vecchio articolo, per altro ancora attuale, intitolato “la luce in natura, comparazione con la luce in acquario“.

Spesso ci si basa sulla convinzione che avere più luce sia sempre la situazione migliore. Questo porta, spesso, ad utilizzare tutta la potenza illuminante che ci si possa permettere. Questa considerazione deriva dal fatto che i coralli che vivono nelle zone lagunari sono esposti ad intensità luminose potentissime. Ed infatti, i coralli che crescono nelle zone intertidali sono esposti all’aria più volte al giorno durante la bassa marea, e sono investiti dalla piena potenza del sole, con intensità di luce superiore a 2.000 µmol m-2 s-1 come radiazione fotosinteticamente attiva (PAR, ~ 400- 700 nm) (Huang et al. 1995; Demmig-Adams et al. 1996).

Per fare un confronto, la maggior parte degli acquari riceve un irraggiamento nell’intervallo 100-400 µmol m-2 s-1 (Kirda 2003).

Miti da sfatare: più luce ricevono i coralli meglio è

Anche se è vero che i coralli possono essere esposti a intensità di luce molto elevate, ciò non è sempre vantaggioso per i coralli. Questo perché le zooxanthellae simbionti, ricevono così tanta luce da saturare e persino danneggiare i loro macchinari fotosintetici (Osinga et al. 2011), entrando quindi in fotoinibizione.

Per far fronte a questo enorme eccesso di luce (UV), sia i coralli che le zooxanthellae usano vari meccanismi per prevenire enormi danni ai tessuti. Uno dei meccanismi utilizzati dal corallo è la produzione di aminoacidi simili a micosporine (MAA) e proteine ​​fluorescenti (Kinzie 1993; Dunlap e Shick 1998; Salih et al. 2000). Il MAA protegge il corallo e le sue zooxanthellae dalle radiazioni UV dannose che altrimenti causerebbero danni importanti alle membrane cellulari ed al DNA.

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Si ritiene che le proteine ​​fluorescenti, come l’attraente proteina fluorescente verde (GFP) che si illumina alla luce blu, proteggano il corallo dagli alti livelli di radicali dell’ossigeno prodotti tramite fotosintesi (Salih et al. 2000; Bou-Abdallah et al. 2006).

Un’altra strategia utilizzata dai coralli è la retrazione del polipo, che protegge le zooxanthellae dalla luce in eccesso (i coralli scarsamente illuminati di solito mostrano una maggiore estensione del polipo).

Dopo l’acclimatazione, un’irradiazione di 200-300 µmol m-2 s-1 è sufficiente per saturare la fotosintesi in diverse specie di coralli come la Galaxea fascicularis (Riddle 2007; Schutter et al. 2008, 2011), sebbene alcune specie richiedano più luce. Ad esempio, Seriatopora caliendrum e Pocillopora damicornis richiedono oltre 400 µmol m-2 s-1 per saturare la fotosintesi. E nell’articolo che abbiamo richiamato in apertura abbiamo riportato molti di questi valori.

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Bisogna notare però che questi coralli possono comunque saturare a livelli più bassi se acclimatati con basse intensità di luce.

Rimane comunque valido il fatto che ogni individuo geneticamente unico all’interno di una specie può comportarsi diversamente. In termini di crescita la Montipora aequituberculata mostra già una saturazione della crescita a 40-60 µmol m-2 s-1, sebbene altre specie come l’Acropora millepora saturino a livelli di luce più elevati di 300 µmol m-2 s-1 e oltre (Wijgerde e Laterveer 2013).

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Acanthastrea

Quindi, come avevamo anticipato, questo mito è parzialmente vero. Più luce può davvero essere migliore per alcuni coralli, in termini di fotosintesi e crescita, ma solo fino a un certo punto. Lo stesso vale per la colorazione dei coralli, poiché sono necessarie elevate intensità luminose per la produzione di diverse proteine ​​fluorescenti verdi e rosse e cromoproteine ​​non fluorescenti (D’Angelo et al. 2008; Wijgerde e Laterveer 2013).

Tuttavia, a una maggiore irradianza, i coralli mostrano una crescita relativa meno efficiente (Schutter et al. 2008; Wijgerde e Laterveer 2013) e possono essere stressati. Ciò è particolarmente vero quando il movimento dell’acqua è troppo basso, probabilmente impedendo al corallo di rilasciare calore in eccesso e ossigeno prodotto attraverso la fotosintesi (Finelli et al. 2006, 2007; Fabricius et al. 2006; Mass et al. 2010; Jimenez et al. 2011).

Pertanto, possiamo sfatare un altro mito correlato: i coralli altamente colorati non sono necessariamente i coralli più in forma, ma sono in realtà stressati e devono investire una quantità significativa di energia in meccanismi di protezione (compresa la produzione di pigmenti colorati) per prevenire danni indotti dalla luce.

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