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E sei i coralli accumulassero riserve energetiche da usare in periodi difficili?

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E sei i coralli accumulassero riserve energetiche da usare in periodi difficili?

Per quanto possa sembrare assurdo succede proprio così. I coralli forzano le alghe simbionti, le zooxanthellae appunto, a immagazzinare cristalli di acido urico da utilizzare in momenti in cui le risorse a disposizione diminuiscono.

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La ricerca è piuttosto vecchia, del 2013, ma ce l’ha fatta notare Reefs.com con un articolo e noi l’abbiamo trovata incredibilmente interessante anche perché spiega scientificamente alcuni fatti che abbiamo riscontrato in natura ed in acquario, che prima potevamo solo ipotizzare.

In Natura, ma molto spesso anche in acquario, le risorse possono diventare molto scarse. Soprattutto l’azoto di cui il corallo ha bisogno, ma che riesce a rimediare solo tramite le sue zooxanthellae. Lo zooxanthellae, per chi non lo sapesse, sono alghe simbionti che vivono sulla superficie del corallo e che contribuiscono alla sua colorazione. Esse assorbono la luce e passano l’energia al corallo, così come le sostanze nutritive che riescono a captare, fra cui appunto l’azoto che estraggono molto facilmente dall’ammoniaca o meno facilmente dai nitrati.

Normalmente il ciclo si conclude in questo semplice modo, la zooxanthella produce energia che passa al corallo. Ma alla Ecole Polytechnique Fédérale di Losanna hanno fatto una ricerca pubblicata nel 2013 appunto su mBio intitolata “Corals turn to algae for stored food when times get tough“. In pratica hanno scoperto che le alghe immagazzinano cristalli di acido urico senza processarli, e quindi senza passarne energia al corallo, durante i momenti in cui c’è un surplus di questi elementi in acqua. Si parla di piccole quantità per ogni singola alga, ma questa “riserva” può essere attivata nei momenti in cui la scarsità di risorse minasse la sopravvivenza del corallo stesso.

E sei i coralli accumulassero riserve energetiche da usare in periodi difficili?

Per capire questa interazione i ricercatori hanno bombardato i coralli con un isotopo pesante dell’azoto, ed hanno poi estratto i coralli per vedere se questo isotopo, facilmente riconoscibile con la strumentazione adatta, si fosse fissato sulle alghe o fosse stato processato. L’utilizzo combinato di microscopi elettronici e spettrometri di massa ha permesso loro di studiare con una precisione senza precedenti in quali compartimenti cellulari erano stati incorporati gli isotopi di azoto più pesanti.

Questo spiega perché in eventi come crash batterici, oppure come lo spegnimento delle luci anche per più giorni, non crei danni ai coralli che riescono ad attingere a queste piccole riserve. Riserve che però non sono sufficienti se il problema si protrae a lungo o se la luce viene interrotta troppo spesso senza permettere alle alghe di incamerare altri cristalli di acido urico.

La Natura è sempre fantastica ed un passo avanti a noi.

Crediti

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