E’ innegabile che il robot sottomarino Benthic Rover II sia un gioiellino tecnologico del tutto simile a Wall-E.
Science Robotics ha dedicato la copertina del mese di Novembre a questo prezioso laboratorio mobile, la cui missione si è svolta a circa 290 km al largo della California meridionale.
Ve lo ricordate il sensibile robottino Wall-E, rimasto solo sulla Terra per ripulirla dai rifiuti e dall’inquinamento degli umani, che poi si innamora di Eve e la insegue nella galassia?
Sembra una similitudine azzeccata con il nostro robot Benthic Rover II, che viaggia solo soletto nelle profondità marine per inseguire e riportarci i dati della presenza del carbonio dal suolo degli abissi. Infatti è in grado di immagazzinare tantissimi dati, quali la temperatura dell’acqua, la concentrazione di ossigeno, la velocità della corrente e il consumo di ossigeno della comunità dei sedimenti a profondità abissali.
Quali Rover per quali compiti
Il centro di ricerca oceanografico californiano Mbari (Monterey Bay Aquarium Research Institute) si serve di differenti tipi di veicoli robotici per le sue esplorazioni marine:
- ROV (Remotely Operated Vehicle), veicoli telecomandati controllati dalla superficie marina tramite catena;
- AUV (Autonomous Underwater Vehicles), veicoli subacquei autonomi programmati in superficie per vagare negli abissi;
- ASV (Autonomous Watersurface Vehicle), veicoli di superficie autonomi che coadiuvano le attività degli AUV sommersi.
Il Rover è frutto di un gran lavoro di quattro anni svolto da un team di ingegneri e scienziati guidati dall’ingegnere Alana Sherman e dal biologo marino Ken Smith del progetto Mbari. Il nostro Benthic Rover II è dunque un AUV californiano. Si presenta con dimensioni e battistrada da piccola automobile, ma con cingoli simili a quelli di un carro armato, e un paio di galleggianti anteriori che lo fanno somigliare proprio al vecchio Wall-E!
Insomma…il robot sottomarino Benthic Rover II è davvero simile a Wall-E!
La discesa negli abissi e la risalita in superficie
Il robot è stato calato in mare dagli scienziati del Mbari, lasciandolo sprofondare a 4000 metri di profondità, senza corde nè catene, liberamente. Dopo una discesa di circa due ore e mezza, BR-II si appoggia finalmente con i suoi larghi battistrada sul fondo molliccio, melmoso e polveroso, per iniziare ad operare. Per schivare ogni possibile intoppo, è dotato di un sensore che gli consente di andare letteralmente contro-corrente, per evitare le frequenti tempeste di polvere. In un ambiente assolutamente inospitale come il fondo melmoso e buio degli abissi, regno di acqua fredda, salata, corrosiva e ad altissime pressioni, BR-II svolge il suo compito a fasi ripetitive. Resta posizionato per circa 48 ore, per rilevare i primi dati dal fondo dell’oceano. Per poi sportarsi di una decina di metri e ripetere le stesse misurazioni come nella posizione precedente.
L’equipaggiamento del Rover
Il Rover Benthic II possiede una fotocamera ad alta risoluzione, due luci stroboscopiche allo xeno, un sonar per evitare ostacoli, un modem acustico e un sonar di navigazione, oltre a una fotocamera che si attiva ogni 1,6 secondi e produce immagini sovrapposte larghe quattro metri. Naturalmente, anche questo robot funziona con una carica a batterie, che gli consente una autonomia di circa un anno. Quando giunge l’ora di sostituirle, gli scienziati devono far risalire BR-II, e lo fanno sganciando un peso di 113 Kg dalla pancia del Rover.
A questo punto i due occhi del robot, che in realtà sono dispositivi di galleggiamento, cominciano a lavorare, in quanto sono fatti di “schiuma sintattica”. Sono costituiti, anziché da plastica, da materiale duro riempito con piccole sfere di vetro, contenenti aria. Sotto pressioni che farebbero collassare la tipica schiuma, la schiuma sintattica galleggia, spingendo il robot in superficie. In questo modo è possibile svolgere la manutenzione necessaria, per poi rimandarlo in profondità per un altro anno.
Come lavora il Benthic Rover II
Il Rover degli abissi rileva principalmente dati sui sedimenti e misura le caratteristiche del fondale, per meglio studiarne il ciclo del carbonio, scarsamente conosciuto e quantificato. Sappiamo che una parte del carbonio vi si deposita come scarto di fitoplancton e zooplancton presenti nella colonna d’acqua, o contenuto nelle carcasse di animali marini – vedi il nostro articolo sulle balene qui. L’opera di BR-II ha consentito agli studiosi, negli anni, il monitoraggio di un mare profondo. Tutto ciò per conoscere meglio il rapporto tra colonna d’acqua e processi bentonici. Questo è un elemento chiave per comprendere il ciclo del carbonio oceanico su un pianeta inghiottito da un clima che cambia.
Il Rover ha svolto queste operazioni per 7 lunghi anni, in un ambiente spesso più ostile rispetto perfino a quello osservato su Marte. A quelle profondità, anche il controllo via radio diventa complicatissimo. Per questo, mentre su Marte abbiamo potuto utilizzare le onde radio, qui sono state utilizzate le onde acustiche.
La raccolta dei dati
Si raccolgono poi tutti i dati tramite un robot ASV, una specie di particolare tavola da surf posizionata sulla superficie del mare, quasi perpendicolarmente a BR-II sul fondale. Attraverso questo collegamento di superficie i dati vengono trasmessi ad un satellite, per essere quindi prelevati dagli esperti. Purtroppo, dopo 7 anni, il robot ha subito un danno ad un motore e gli scienziati sono stati costretti a riportare in superficie il gioiellino tecnologico. Successivamente è nato il famoso studio su Science Robotics.
Fino ad ora, BR-II si è dimostrato un robot unico nel suo genere, sia perché molto costoso, sia perché richiede un sacco di know-how ingegneristico per funzionare. Esiste un simile Rover bentonico per il campionamento dell’ossigeno, sviluppato da ricercatori tedeschi: si chiama Tramper e vaga nell’Artico dal 2016. Comunque, sempre pochi nell’enorme panorama marino che ancora aspetta di essere studiato.
“È quasi come se tu fossi un astronomo con il miglior telescopio del mondo, che però può osservare solo una stella”, dice Crissy Huffard, biologo marino del Mbari. “Se tu avessi più telescopi là fuori che guardano più stelle, saresti in grado di vedere un quadro molto più completo del cielo”.
Vi lasciamo qui al vostro piccolo telescopio, per toccare con mano quello che si vede nel profondo degli abissi:
Riferimenti
Si ringrazia Mbari per le immagini e lo studio